Il falò

È troppo tempo

che ho voglia di ascoltare.

Di ascoltarti parlare.

La testa sulle tue ginocchia.

Senza dover reagire.

Senza dover lottare

contro la debolezza

che, piano, mi pervade.

Senza dover cercare

una battuta salace,

che mi dimostri che sono,

o che mi mostri diverso,

da quello che ero.

Sono ormai troppe

le morti tra gli affetti.

Sono ormai troppe

per piangere ora ad ogni nuovo evento.

Le porto come una lunga coda,

la sera mi ci avvolgo.

A saperla acconciare sembra una stola

questa mia folta coda.

La coda dei dolori,

dei lutti, degli amori.

Ecco ora mi pavoneggio

di questa stola, fredda.

>

<

Mentre ciò che vorrei

non è che una scintilla,

in quel tuo sguardo stanco,

su cui soffiare il riso

del bambino che ho dentro

e, piano, alimentar la fiamma

con le nostre speranze,

ridotte a piccole schegge,

fino a farne un falò.

Che crepiti.

Che arda.

E quando fosse alto

vi getterei il passato

voltandomi con te

per non sentir l'odore

di unghie, di capelli,

di carni bruciate.

Ma non voglio in realtà

lo sconto sul passato.

Non voglio la mia storia

gettare in un canale.

Solo vorrei aver luce,

dai tuoi, dai mie dolori,

per fondare speranze:

mie, tue, nostre, nuove,

altrui.

Trieste Ottobre 1996


Le  raccolte di Bernardo d'Aleppo

GERBILLI  1994-1998
pag.17


IL FALÒ


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